Killer d’inchiostro

L’ispettore Mancini parcheggiò l’auto davanti ad una palazzina arancione, poco distante da Prato della Valle. Facendosi largo tra la piccola folla che si era radunata lì davanti, riuscì finalmente ad entrare e si rivolse al poliziotto che stava interrogando gli inquilini del piano terra.
«Ehi, Ricci! Che succede?»
«Buongiorno ispettore, la stanno aspettando, sono al quarto piano».
L’ispettore si guardò intorno e sbuffò. Nessun ascensore, sarebbe stato costretto a salire a piedi. Maledicendosi per tutti i chili accumulati negli ultimi mesi, iniziò a salire controvoglia le scale. Una volta raggiunto il quarto piano era quasi senza fiato. Uno dei suoi colleghi, l’ispettore Vincenzi, gli si avvicinò mollandogli una pacca sulle spalle: «Non vorrai mica dirmi che il grande ispettore Ettore Mancini si fa mettere ko da quattro scalini, vero?»
Ettore si limitò a guardarlo in cagnesco.
«Era ora che arrivassi», disse l’altro facendosi serio, «La situazione sta degenerando. E’ già il quarto questa settimana».
Killer d'inchiostro«Stessa dinamica?» volle sapere Ettore.
«Identica», confermò «Omicidio a porte chiuse. Nessuna impronta. La vittima, come sempre, è uno scrittore, appartenente a una di quelle community dove si scrivono libri e racconti condivisi attraverso la rete. La causa del decesso è sempre la stessa: soffocamento».
«E scommetto che l’autopsia rileverà la presenza di inchiostro nella trachea».
Ettore esaminò lo studio, la scena del crimine. Guardandosi intorno osservò la cura maniacale con cui ogni libro e ogni soprammobile erano disposti sui loro scaffali. I libri erano tutti precisamente allineati, dal più grande al più piccolo. Il corpo, mollemente adagiato sulla poltrona, stonava con l’ordine rigoroso e la precisione che regnavano nella stanza. Il computer, ancora acceso, era posizionato al centro esatto della scrivania, e il puntatore continuava a lampeggiare su di una pagina bianca.
Sollevando gli occhi, Ettore notò l’agente Tognon che ispezionava accuratamente le finestre.
«Sono chiuse, Guido» esclamò Ettore.
«Eppure l’assassino deve essere entrato in qualche modo», rispose lui senza guardarlo.
«Trovato niente?» lo stuzzicò.
«Niente», rispose Guido alzando le spalle, «Mi arrendo».
«Ehilà, Guido!» lo salutò Vincenzi, «E’ meglio che stai attento, sai?»
«Cosa intendi dire?» domandò Ettore incuriosito.
«Non lo sai? Anche il nostro caro Guido si diverte a scrivere racconti in uno di quei siti».
«Solo come passatempo, niente di più» rispose imbarazzato.
Troppo occupati a prendersi gioco di lui, i due ispettori non si accorsero che un’ombra nera come l’inchiostro si era staccata dalla scrivania e stava scivolando lentamente verso di loro, fino a raggiungere l’ombra di Guido e a fondersi con essa. L’agente fu percorso da un brivido freddo.
I tre uomini sigillarono l’appartamento e si avviarono verso il ristorante più vicino.​

Una volta tornato a casa, Guido si sdraiò sul divano e accese la tv. Si sentiva irrequieto e non faceva altro che saltare da un canale all’altro. Aveva una strana sensazione, probabilmente quel caso così strano lo aveva scosso più di quanto pensasse. Accese il portatile e andò a farsi una doccia per sciogliere la tensione accumulata per colpa di quel caso. Mentre canticchiava sotto la doccia, l’ombra ne approfittò per scivolare via da lui e, raggiunto il soggiorno, scivolò all’interno del computer.
L’agente si avvolse l’accappatoio intorno al corpo, tornò a sedersi sul divano e afferrò il computer dal tavolino lì davanti. Gli era venuta una bella idea per un racconto comico, un racconto che avrebbe avuto come protagonisti Vincenzi e Mancini, giusto per prendere due persone a caso. Guido sorrise. Gliel’avrebbe fatto trovare l’indomani mattina sopra la scrivania. Le sue dita volteggiavano frenetiche sulla tastiera. In meno di un’ora il racconto era terminato. Guido cliccò sul tasto ‘salva’, ma le parole scomparvero dalla pagina.
«Maledizione!» imprecò, fissando il puntatore che lampeggiava sulla pagina ormai vuota. Prima che potesse battere un solo tasto, sulla pagina iniziarono ad apparire dei trattini.
«Che ca…» mormorò Guido, continuando a fissare lo schermo, stupito e sopreso.
Una volta che il messaggio fu completato, un brivido gelido corse lungo la sua spina dorsale.

 *** TU ***
*** SEI ***
*** IL ***
***PROSSIMO***

Guido continuava a fissare quelle quattro parole, incapace di proferire parola. Scuotendo la testa, cercò di persuadersi che era solo uno stupido scherzo. ‘Probabilmente quei due idioti si sono introdotti nel mio computer per farmi uno scherzo’, si disse, ma sentiva che non era così. Il senso di inquietudine che l’aveva accompagnato per tutto il giorno s’intensificò, trasformandosi in terrore. Posò la mano sullo schermo per chiuderlo, quando una voce bassa e graffiante lo fermò:
«E’ inutile. Non puoi ssssssscappare».
«Chi sei?» gridò l’agente allarmato, afferrando la pistola che aveva lasciato prima sul tavolino.
«Non ti ssssssssservirà» sibilò la voce.
«Chi sei?» ripeté di nuovo.
«Guarda lo ssssssschermo».
Guido posò lo sguardo sulla pagina, in attesa. Le parole sullo schermo evaporarono in sottili spirali di fumo nero come la pece, condensandosi di fronte ai suoi occhi in una sorta di nube dalla forma vagamente umana. L’agente aprì la bocca per urlare e l’ombra gli si fiondò rapida giù per la gola.
Guido, paralizzato dal terrore, non riusciva a muovere un muscolo.
«Ecco chi sono» sussurrò la creatura.
La mente di Guido venne attraversata da ricordi che non gli appartenevano. Vide un vecchio seduto dietro un bancone, lo sguardo sconsolato che osservava la sua libreria costantemente deserta, le lacrime che gli rigavano il viso. Sentiva la sua disperazione e il suo sconforto. Era un piccolo editore, a cui nessuno si affidava più. Da quando erano nati quei siti in cui era possibile pubblicare i propri racconti e condividerli con il resto del mondo, più nessuno sembrava avere bisogno di lui. E perchè mai? Ormai c’erano gli ebook, stampare un libro non serviva più. Il vecchio prese in mano uno dei libri che c’erano sul bancone, lo aprì e annusò il profumo della carta stampata e dell’inchiostro. Ripose il libro al suo posto e si avviò verso la stampante.
‘Maledetti bastardi, giuro che troverò un modo per farvela pagare. Vi credete grandi scrittori. Pensate di non avere più bisogno di noi, ma la pagherete cara!’
Il vecchio staccò il cavo della stampante e vi ci si arrampicò sopra, facendo passare il cavo sopra una delle travi di legno del soffitto, formando un cappio. Dopo avervi infilato la testa il vecchio mise un piede in avanti e si lasciò cadere. Il cavo, tendendosi, gli ruppe l’osso del collo.
I ricordi svanirono e l’ombra sibilò: «Voi mi avete ucciso, e ora io vi ucciderò! Uno dopo l’altro».
Boccheggiando, Guido cerco di alzarsi, ma la creatura lo teneva incollato al suo posto. La mano che impugnava la pistola si strinse sempre di più intorno al grilletto, finchè non partì inavvertitamente un colpo. Il viso di Guido cambiò colore, da rosso divenne quasi blu e, con un ultimo rantolo, i suoi polmoni cedettero.

Avvisati da uno dei vicini che aveva udito lo sparo, Ettore e l’ispettore Vincenzi sfondarono la porta dell’appartamento di Guido e lo trovarono lì, seduto sul divano, il portatile ancora appoggiato alle gambe e la testa leggermente inclinata all’indietro. Gli occhi erano spalancati dal terrore. Mentre l’altro ispezionava l’appartamento in cerca di qualche indizio, Ettore si avvicinò al cadavere e gli chiuse gli occhi. Il suo sguardo si posò sul computer e fu allora che vide un’ombra dirigersi verso l’uscita. ‘Impossibile’, si disse. Quando uscì dalla porta per accertarsi di ciò che aveva visto, l’ombra era ormai scomparsa.
Nel frattempo l’ombra penetrò nel computer della stanza accanto, insinuandosi all’interno della rete Internet, alla ricerca della sua prossima vittima. L’ombra scrutò i vari profili di scrittori che la rete le offriva e scelse la sua nuova vittima.

Fossi in te, caro Lettore/Scrittore, io starei attento, perchè, prima o poi, lei ti troverà. La prossima vittima…

*** POTRESTI ***
*** ESSERE ***
*** PROPRIO ***
*** TU ***

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