Una notte nell’aldilà – parte seconda

Quando si accorse che lui si era allontanato lo richiamò a bassa voce: «Ehi, tu!»
Accortosi che era rimasto indietro, lui la raggiunse con un’aria un po’ seccata.
«Potresti anche dirmi il tuo nome, sai?» sbottò Clara, accorgendosi che non aveva alcuna idea di come si chiamasse quel ragazzo. E poiché lui la guardò in modo dubbioso, come se non avesse alcuna intenzione di fidarsi di lei, aggiunse: «Se avessi avuto la benché minima intenzione di denunciarti l’avrei fatto prima, non ti pare? Bel modo di ringraziarmi per averti tirato fuori da quella fossa».
«Ci sarei riuscito anche da solo» brontolò lui, «Comunque hai ragione. Mi chiamo Lorenzo».
«Clara».
«Lo so. Ti ho visto l’altro pomeriggio, insieme a tua nonna» le rivelò, sorridendo nel vedere lo stupore sul suo viso. «Bene, Clara. Ora che sai il mio nome, sei contenta? Possiamo andarcene da qui?»
«No, non ti ho chiamato per questo. Sta zitto e ascolta» e gli premette un dito sulle labbra prima che potesse protestare. «Non senti niente?»
«Sento delle voci. C’è qualcuno qui vicino» rispose lui, abbassando la voce.
«Potrebbe essere uno dei guardiani» ipotizzò Clara. «Dovremmo dare un’occhiata».
«E se fossero dei ladri? Meglio andare via subito, prima che… » ma non fece in tempo a terminare che Clara si era già allontanata in direzione dei mausolei.
In un primo momento Lorenzo pensò di andarsene e di abbandonarla lì, ma sapeva di non poterla lasciare in balia di qualche sconosciuto, così la seguì, nella speranza di farla ragionare prima che fosse troppo tardi. Quel posto gli dava i brividi già di giorno, figuriamoci la notte! Sembrava quasi di trovarsi sul set di un film dell’orrore.
Svoltò verso i mausolei e scorse Clara accovacciata dietro ad una grossa lapide.
«Le voci provengono da quella cripta laggiù, vedi?» sussurrò lei senza nemmeno voltarsi.
Lorenzo osservò il punto che gli indicava e notò che s’intravedeva uno spiraglio di luce che filtrava da sotto la porta. C’era davvero qualcuno là dentro.
«Sembra quasi che stiano dando una festa» osservò Clara pensierosa.
«Non lo so e non mi interessa. Andiamocene da qui, forza».
«Ma potrebbero farci uscire. Sono certa che si tratta dei guardiani notturni; mi è parso di vedere uno di loro entrare proprio lì. Chi potrebbe organizzare una festa in un luogo simile? Non preoccuparti, basterà dire loro che siamo rimasti per sbaglio chiusi dentro il cimitero e vedrai che saremo fuori in men che non si dica» cercò di rassicurarlo lei, ma Lorenzo non ne era molto convinto. Qualcosa gli suggeriva che era meglio girarsi ed andarsene via, ma niente di quello che disse riuscì a persuadere Clara.
«Daremo solo un’occhiata, va bene? Non sei obbligato a seguirmi» replicò seccata, alzandosi e avvicinandosi alla porta che, come aveva sperato, non era chiusa a chiave. Voleva aprirla quel tanto che bastava per sbirciare all’interno ma, non appena abbassò la maniglia, la porta si spalancò all’improvviso, facendo trasalire i due ragazzi.
«Benvenuti, miei cari. Entrate, non restate impalati lì fuori» disse la donna sulla soglia. Si trattava di una signora di mezza età, dal volto rotondo e sorridente. Aveva un che di familiare, notò Clara, senza però riuscire a capirne il motivo; era certa di non averla mai incontrata prima.
«Stavamo cercando il guardiano» disse Clara, per rompere il silenzio.
«Oh, ma certo. I guardiani del cimitero sono tutti di sotto. Stanno festeggiando con dei loro amici. Perché non vi unite a noi» e si spostò per lasciarli passare.
Clara si voltò incerta verso il suo compagno, ma questi non sembrava intenzionato a muoversi.
«Vedrai che ci aiuteranno» mormorò lei, stringendogli la mano per rassicurarlo.
«Ma certamente» s’intromise la donna, prendendo una candela. «Venite, da questa parte».
Clara notò che la stanza era fiocamente illuminata da alcune candele, disposte a casaccio sul pavimento. La tomba di marmo, che avrebbe dovuto trovarsi al centro della stanza, era stata spostata da un lato, rivelando un passaggio segreto che si inoltrava sottoterra. Le vennero i brividi. Una cosa era certa, pensò Clara, quei guardiani avevano davvero un macabro senso dell’umorismo.
Tenendo stretta la mano di Lorenzo, Clara seguì la donna lungo una stretta scalinata, rischiarata solo dalla candela che questa reggeva in mano. La discesa sembrò interminabile. Gli scalini erano alti e stretti e, visto la scarsa illuminazione, dovettero fare parecchia attenzione a dove mettevano i piedi. Più di una volta Clara rischiò di cadere ma Lorenzo, che le camminava accanto, l’afferrava prontamente prima che potesse farsi male.
La scalinata terminò davanti ad una grossa porta di legno, dietro la quale si celava un’enorme sala gremita di gente, illuminata da centinaia di candelabri appesi al soffitto. Una leggera nebbiolina aleggiava nella stanza, rendendo l’atmosfera quasi surreale.
«Dove sono i guardiani?» domandò Clara, scrutando la folla.
«Da qualche parte qui in giro» rispose vaga l’altra.
«Ehm, grazie. Li troveremo da soli» disse lei, ma la donna si era già dileguata. Clara si girò verso Lorenzo, che non aveva ancora detto una parola.
«Tutto bene?» Si sentiva un po’ in colpa per averlo trascinato laggiù.
«Sì, sì, scusami. Mi è sembrato di vedere qualcuno che conosco». Il suo sguardo vagava tra la folla. «Torno subito».
Si allontanò così in fretta che Clara non ebbe nemmeno il tempo di replicare e, prima che potesse anche solo pensare di seguirlo, l’aveva perso di vista.
Iniziò a gironzolare per la sala. C’erano tavoli da buffet sparsi un po’ ovunque, colmi di qualunque cosa si potesse mai desiderare. Fu tentata di mangiare un pasticcino alla meringa, quando un uomo la spinse accidentalmente a terra.
«Vogliate scusarmi» mormorò mortificato, aiutandola a rimettersi in piedi.
Clara stava per rispondere che non era successo nulla di grave quando, alzando gli occhi per sorridergli, lo riconobbe. Era il signor Lamberti, l’uomo che era stato sepolto accanto alla madre, poco dopo la sua morte. Non poteva sbagliarsi.
Scioccata, Clara si guardò intorno con attenzione, osservando i volti delle persone che la circondavano, mentre la paura iniziava ad affiorare. C’erano alcune persone che non conosceva, ma la maggior parte sì: li aveva visti centinaia di volte, nelle loro cornici dorate, accanto ai loro nomi scolpiti per sempre nella pietra. Ora finalmente capiva perché la donna all’ingresso le fosse sembrata familiare. Come aveva fatto a non riconoscerla? Era passata davanti alla sua tomba poco prima di incontrare Lorenzo.
Si allontanò in fretta dal buffet, alla ricerca del ragazzo. Meglio non toccare nulla e, soprattutto, meglio non mangiare il cibo dei morti; c’erano fin troppe storie e leggende che suggerivano di tenervisi lontano. Sembrava quasi di trovarsi in un incubo ma, sogno o no che fosse, non aveva alcuna intenzione di rischiare.
Si maledisse per non aver dato retta a Lorenzo. Doveva trovarlo immediatamente. Se gli fosse successo qualcosa non sarebbe mai riuscita a perdonarsi.
In quel momento qualcuno le afferrò il braccio e Clara si sentì subito sollevata, ma quando si voltò, scoprì che non si trattava di Lorenzo, bensì di sua madre.
La ragazza la guardò a bocca aperta per una frazione di secondo, prima di gettarsi in lacrime fra le sue braccia. La donna la strinse a sé, cercando di parlarle, ma Clara singhiozzava così forte che fu costretta ad alzare la voce per farsi sentire.
«Clara, ascoltami!»
La ragazza si staccò da lei, asciugandosi gli occhi con le maniche della felpa.
«Scusami, hai ragione» singhiozzò.
«Oh, Clara. Tesoro mio, lo so quanto hai sofferto. Mi sei mancata anche tu, ma devi andartene subito da qui. Questo posto è terribilmente pericoloso». Sembrava piuttosto allarmata e ciò indusse la figlia a calmarsi per prestarle attenzione.
«Dove siamo, mamma?»
«Questo mondo appartiene ai morti, mia cara. Non è fatto per i vivi. Esci di qui».
«Non posso andarmene. Voglio restare con te» replicò Clara, con le lacrime agli occhi.
«Lo so, piccola mia, lo so. Ma devi vivere, fallo per me. È tutto ciò che desidero e che ho sempre desiderato. Io non vado da nessuna parte e quando verrà la tua ora prometto che saremo di nuovo insieme, ma ora devi andare. Non è prudente restare.
Il tempo qui scorre in maniera diversa e, anche se ti sembra di essere qui solo da pochi minuti, in realtà lassù sono già trascorse alcune ore. La nonna sarà preoccupata per te».
Clara annuì, incapace di distogliere gli occhi da quelli della madre.
«Devo trovare il mio amico» disse ad un tratto, ricordandosi improvvisamente di lui. «Era qui con me prima, ma l’ho perso di vista».
«Intendi quel giovane laggiù?» domandò indicando Lorenzo che, dall’altro lato della sala, stava conversando con una coppia di giovani donne. «Lui è già perduto. Il suo animo è corrotto, macchiato dai peccati che ha commesso nella sua breve esistenza. Non c’è niente che tu possa fare per lui, il suo destino è già segnato».
«Chi sei tu?» esclamò Clara, con voce tremante di rabbia.
«Clara, piccola mia, cosa…» la donna la guardò confusa, senza capire.
«Tu non sei mia madre» replicò, scandendo bene ogni singola parola. «Mia madre non avrebbe mai, e poi mai, detto una cosa del genere. Mi ripeteva in continuazione che nella vita di può sempre cambiare e che c’è sempre speranza. Per tutti».
L’espressione della donna mutò di colpo; il sorriso angelico che aveva sfoderato prima venne infatti sostituito da un ghigno sprezzante.
«Complimenti, ragazzina. Mi hai scoperto. Non sei così stupida come sembri, ma non credere che i lascerò uscire viva da qui» disse la creatura, con voce carica d’odio, mentre il suo voltò iniziava a cambiare forma. Clara vide i tratti della madre svanire e mutare, ma prima che potesse vederne il risultato finale, si voltò e corse verso Lorenzo.
Vedendola arrivare così trafelata, il ragazzo rimase stupito ma, non appena scorse la creatura infernale che la inseguiva, afferrò Clara per il polso e insieme si diressero verso l’uscita, sgomitando e cercando di liberarsi dagli altri spettri che cercavano di rallentare loro il passaggio.
Non appena varcarono la soglia da cui erano entrati, qualcuno richiuse la porta alle loro spalle, incitandoli a non fermarsi.
«Riccardo, sei tu?» chiese Lorenzo ad un certo punto, quando il baccano proveniente dal grande salone cessò. Non potevano vedere il volto della persona che li stava aiutando, dato che la scalinata era completamente avvolta nell’oscurità, ma lui era certo che si trattasse del suo migliore amico. Quella erre un po’ moscia e quel suo modo di trascinare le parole, anche quando gridava, erano un suo tipico tratto caratteristico. Era lui, non poteva sbagliarsi.
«Sì, ma ora sbrigatevi. Quella porta non li tratterrà a lungo».
Raggiunsero in fretta la botola, ma una volta fuori restarono di stucco: non si trattava della cripta. Si ritrovarono, infatti, in una stanza circolare piena di porte, ognuna di fattezze diverse.
«Questa è la stanza delle dodici porte. Ciascuna conduce ad un determinato momento della linea del tempo. Solamente una di queste porte vi condurrà nel vostro presente» spiegò Riccardo.
«E tu sai qual è la porta giusta?» chiese Clara ansimando. Non aveva mai corso così tanto in tutta la sua vita.
«Hai salvato una persona che mi è cara. Se fossi fuggita da sola, lasciandolo qui a morire anche la tua anima sarebbe stata contaminata e nessuno dei due ne sarebbe uscito vivo; ma questo tu ovviamente non lo sapevi e ciò ti rende onore.
Perciò sì, so perfettamente come trovarla, e ve lo dirò, ma dovrete fare in fretta. La porta di sotto sta ormai cedendo».
L’adrenalina era ormai alle stelle e i due ragazzi potevano quasi sentire il legno che si spezzava sotto i pesanti colpi dei morti. Il tempo a loro disposizione era quasi scaduto.
«Poiché hai un cuore puro, la porta giusta si illuminerà davanti a te» le rivelò.
Clara annuì e passò velocemente in rassegna tutte le porte, finché non trovò quella che stava cercando. Era la più piccola e la meno decorata e si trovava esattamente dietro la botola. Difficilmente qualcuno l’avrebbe scelta. Chiamò Lorenzo e i due uscirono finalmente da quell’inferno.
Riccardo li guardò sorridendo, lieto di essere riuscito a salvarli.
«Svelto, esci di lì» lo esortò Lorenzo.
«Non posso farlo, mi dispiace. I morti non possono vagare sulla terra durante il giorno e ormai sta albeggiando» mormorò, abbassando gli occhi e fissandosi i lacci delle scarpe.
«Che stai dicendo?» replicò l’altro, senza riuscire a capacitarsi di quello che stava accadendo.
«L’altra notte sono stato attirato qui: ho bevuto il loro vino e non posso più andarmene. Mi dispiace così tanto.
Ricordati di me, ogni tanto» e detto questo sparì, richiudendosi la porta alle spalle. Era la cosa giusta da fare, si disse. L’unico modo per proteggerli. Quando la porta di sotto cedette, sotto il peso di quelle creature infernali di cui ora faceva parte, Riccardo si nascose vicino alla botola e, nella confusione che si generò in quella stanza, riuscì a confondersi tra la folla, fingendo di cercare i fuggitivi. Nel frattempo, mentre Riccardo si accertava che nessuno si avvicinasse alla porta che aveva appena richiuso, Lorenzo fece per aprirla ma Clara lo fermò, afferrandolo per le spalle e costringendolo a voltarsi.
«Lascialo andare» lo supplicò. «Non c’è niente che tu possa fare per riportarlo indietro».
«Non posso lasciarlo». La sua voce era poco più di un sussurro.
«Lo so, nemmeno io avrei mai voluto lasciare mia madre, ma nessuno dei due vorrebbe che gettassimo le nostre vite al vento tornando lì.
Perché non provi dunque a vivere la tua vita per entrambi? Glielo devi».
Lorenzo si lasciò cullare dalle sue parole e le sfiorò delicatamente il viso. Tenendosi per mano raggiunsero in silenzio il muro che separava il cimitero da un piccolo boschetto, riuscendo a scavalcarlo senza troppi problemi.
Immaginando che fosse ormai arrivata l’ora di salutarsi, Clara gli si avvicinò, accarezzandogli il braccio.
«Spero che tu possa perdonarmi» mormorò. «Se non fossi stata così maledettamente testarda non ci saremmo mai trovati in pericolo».
Stupito da quella frase, Lorenzo ci mise un po’ prima di rispondere.
«Non devi scusarti. È stato proprio grazie a te che ho scoperto cos’è successo a Riccardo. Se non fossi sceso sottoterra avrei continuato inutilmente a cercarlo chissà dove, forse per anni, senza mai venire a conoscenza della verità» e la strinse a sé, ringraziandola sottovoce.
«Dovresti andare. Immagino che a casa qualcuno ti stia aspettando, chiedendosi che fine tu abbia fatto» proseguì.
«Ti rivedrò ancora?» non riuscì a non domandare Clara, sciogliendosi dal suo abbraccio.
«Penso che tornerò qui ogni giorno, anche solo per poter sentire la sua presenza. È sempre stato un buon amico per me. Era tutta la mia famiglia».
«Allora ci rivedremo presto» sussurrò lei, stampandogli un bacio sulla guancia prima di allontanarsi.
Lorenzo rimase a guardarla per un po’, mentre pensava al loro strano incontro e a quella insensata avventura; poi si voltò dall’altra parte, mentre il sole del mattino tingeva di rosa i tetti della città, lasciando che fossero i piedi a condurlo ovunque volessero andare.

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16 commenti su “Una notte nell’aldilà – parte seconda

  1. Non potrei mai dimenticarmi di te, Bjbyna, e non sai quanto mi manchi. Non so come mai sei pressoché scomparsa dal blog, non dico dal mio, ma dal blog in generale. Non stai postando più niente, ed era molto piacevole leggere i tuoi racconti tanto fantasiosi e pieni di creatività.

  2. Sei troppo impegnata? Mi manchi tanto, sai, specialmente in questo periodo che sto postando uno dei miei racconti lunghi, ci tenevo tanto che tu lo leggessi!
    Tanti baciotti a te

  3. Bjbyna, ho capito perché mi sembrava che tu non rispondessi ai miei saluti, perché ti sei presentata come anonima proprio in un periodo in cui mi sono arrivati un mucchio di commenti antipatici, pesanti e naturalmente anonimi, che ormai non leggevo più.

  4. E inoltre mi si sta affinando la mentalità di “giallista”, comincio a stare attenta ai particolari e alle espressioni delle persone che incontro 😀 😀

  5. Ti ringrazio tantissimo per le tue parole, in effetti è il primo racconto che ideai questa ultima estate, poi ne ho scritti altri 11 e ognuno mi è venuto non solo più lungo ma anche e soprattutto più articolato, con più personaggi, meno prevedibile del precedente.

  6. Comunque almeno sono riuscita a trovare il coraggio di postarlo, mi sei di incoraggiamento con la tua creatività ed con il tuo entusiasmo!

  7. Mi hai dato la spinta con questo tuo racconto, così mi sono decisa a postarne uno dei miei, vabbè, non è il più riuscito anzi è uno di quelli che hoi scartato dall’ipoterica e teroica ”raccolta” che intendo fare, perché mi pare piuttosto banale e dal finale prevedibile.

  8. Bjby, sei bravissima, te l’ho già detto molte volte ma devo per forza ripertelo. A un certo punto della lettura, quando i ragazzi erano in balia delle anime dei morti, ho provato angoscia e un senso di soffocamento. Sei riuscita perfettamente a descrivere l’atmosfera funebre e per noi horror del loro mondo. Complimenti!!

  9. Strano, ero sicura di avere lasciato il primo commento nell’altra puntata… Non è che c’è qualcosa di magico e soprannaturale in questo post??

  10. Torno dopo qualche giorno e trovo non un nuovo post, ma ben due puntate… Ho appena finito di leggere la prima puntata, comincia in modo malinconico estruggente ma nella senconda parte fa venire l’ansia… Quasi quasi tempo di leggere l’altra puntata, non è che mi verranno gli incubi, vero?

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