In un giorno di pioggia

In un giorno di pioggiaIl vento scompigliava i capelli di Veronica e ciocche ribelli le sferzavano il viso, come a voler cancellare quelle lacrime che testarde continuavano a sgorgare. Non sarebbe mai dovuta tornare lì, lo sapeva, su quella scogliera che racchiudeva così tanti ricordi di loro, di lui. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire le sue labbra sfiorarle la fronte, prima di voltarsi e andarsene via, lontano da lei.
«Ho trovato un’altra, mi dispiace Vero» erano state le ultime parole che lui le aveva rivolto.
Veronica chiuse gli occhi, sentendo la rabbia montarle dentro e, incapace di trattenerla, urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Il suo grido venne soffocato da un’onda furente che si scaraventò contro la scogliera quasi volesse afferrarla e portarla via con sé.
Il cielo plumbeo e minaccioso sembrava incombere su di lei.
Sii felice, aveva osato augurarle.
Cadde in ginocchio, le braccia strette al petto.
La pioggia iniziò a cadere lentamente, divenendo sempre più fitta, ma Veronica non se ne curò. In pochi minuti si ritrovò completamente inzuppata, i vestiti incollati addosso. Si rannicchiò per terra, in posizione fetale, cercando di arginare il dolore, lasciandosi sfiorare dal caldo abbraccio che la pioggia sembrava offrirle.
Chiuse gli occhi e immaginò che la pioggia lavasse via tutto il dolore.
Venne svegliata da un soffio di aria gelida, quando ormai era sera inoltrata.
Non sapeva per quanto tempo era rimasta sdraiata lì, sulla nuda roccia. Alzò la testa in direzione della spiaggia e fu in quel momento che lo vide.
Passeggiava tranquillamente sotto la pioggia, protetto da un grande ombrello scuro, un ampio sorriso dipinto sulle labbra. Avanzava verso di lei a passo lento ma deciso.
Veronica si mise a sedere mentre osservava quell’anziano signore salire sugli scogli e raggiungerla per coprirla con il suo ombrello.
«Cosa ci fai qui, piccola? Ti prenderai un malanno. Guarda come sei inzuppata».
Lei, con il viso ancora bagnato di lacrime miste a pioggia, non sapeva cosa rispondere. Continuò a guardarlo in quei suoi occhi grigi, incapace di proferir parola.
«Fammi indovinare. E’ colpa di un ragazzo, vero?»
Gli occhi di Veronica si riempirono nuovamente di lacrime.
«Suvvia, non piangere. Quel ragazzo non sa cosa si perde. Una bella ragazza come te troverà presto qualcuno di meglio» affermò lui porgendole un fazzoletto.
«Grazie» mormorò.
«Fossi stato qualche decennio più giovane non mi sarei fatto scappare una come te, ma mi sa che sono un po’ troppo vecchio, vero?» disse lui scherzando.
Veronica non poté fare a meno di sorridere. Come un raggio di sole quello strano vecchietto così premuroso era riuscito a far breccia in quella nebbia fatta di tristezza, rabbia e delusione che l’avvolgeva.
Notando che la ragazza era bagnata fradicia e che l’aria si stava facendo sempre più fredda, l’anziano signore le cedette il suo cappotto e la invitò a seguirlo.
«La mia casa è proprio qui dietro. Che ne dici di una bella cioccolata calda? Ti farebbe bene».
Colpita dalla generosità di quello sconosciuto, la ragazza accettò di buon grado e, stretti sotto l’ombrello, raggiunsero la piccola dimora del vecchio. Era una casetta di piccole dimensioni, ma entrandovi Veronica si sentì come a casa.
Lui si avvicinò in fretta al camino e, presa una coperta, insistette perché lei si sedesse lì a scaldarsi, mentre si destreggiava in cucina.
Gli occhi di Veronica osservavano la casa. Ovunque erano sparse fotografie che ritraevano lo stesso soggetto: una donna, non troppo giovane ma nemmeno troppo vecchia. Non era in grado di capirne l’età, ma si trattava comunque di una bella donna. Prima ancora che potesse aprir bocca il vecchio le mise tra le mani una bella tazza fumante, arricchita da un po’ di panna montata e una spruzzata di cacao.
«Era mia moglie» spiegò il vecchio alludendo alle foto.
«Era?» disse lei in un sussurro.
«Il cancro me l’ha portata via tanti anni fa».
I suoi occhi si posarono su una di quelle fotografie. La sua preferita era appesa appena sopra il caminetto e ritraeva la moglie sulla spiaggia, i capelli mossi dal vento e un leggero sorriso dipinto sulle labbra, lo stesso sorriso che sfiorava ora le labbra di lui al ricordo di quella giornata.
Pioveva da giorni e sua moglie, stanca di stare in casa a causa della malattia, aveva supplicato il marito di portarla a fare una passeggiata in spiaggia finché lui non aveva ceduto. Si erano recati lì nel primo pomeriggio, quando la pioggia aveva finalmente deciso di prendersi una pausa, lasciando che timidi raggi di sole rischiarassero il cielo grigio. La donna si era allontanata di qualche passo, aprendo le braccia e lasciandosi accarezzare dal tiepido calore del sole. Lui non aveva resistito alla tentazione e le aveva scattato quella fotografia per immortalare quel momento di serenità rubata, dopo mesi di sofferenza.
Era stata una delle loro ultime uscite. Qualche settimana dopo le condizioni della moglie si erano aggravate e il loro tempo era scivolato via veloce, come granelli di sabbia in una clessidra.
Ormai erano passati più di trent’anni, le raccontò, ma non passava giorno in cui lui non camminasse su quella spiaggia per rivivere il ricordo di lei, in attesa di raggiungerla.
Veronica non aveva mai conosciuto nessuno capace di un amore così grande, un amore che andava oltre la morte. Al suo confronto, quello che aveva vissuto lei si poteva definire al massimo un amore passeggero, privo di sostanza.
Si era fatto tardi e Veronica salutò quell’anziano signore, ringraziandolo di cuore per averle mostrato cosa significa amare davvero qualcuno e assicurandogli che non avrebbe più versato una lacrima per quel mascalzone che aveva avuto così poca considerazione di lei.

Gli anni passarono e Veronica non scordò mai di passare a trovare il suo vecchio amico la domenica pomeriggio. Camminarono insieme sulla spiaggia, a volte rimanendo in silenzio ad osservare la spiaggia, altre discorrendo del più e del meno. Lui la vide crescere e trasformarsi in una bellissima donna, capace di stupirlo con la sua semplicità. Se avesse avuto il privilegio di avere una figlia, avrebbe di sicuro desiderato che fosse come lei.
La ragazza disperata e triste che aveva visto quella sera sulla scogliera sembrava essere lontana anni luce dalla spensierata donna che gli stava ora davanti.
Una domenica, Veronica e il suo fidanzato si avviarono verso la casa del vecchio. Era da tanto che lei ci teneva a presentarglielo. I due provarono a bussare un paio di volte, ma l’uomo non era in casa.
Non era la prima volta che la precedeva in spiaggia, per cui Veronica non si preoccupò.
Passeggiarono sulla spiaggia, le scarpe in mano, quando un gruppetto di persone attirò la loro attenzione. Si avvicinarono incuriositi mentre due paramedici con una barella si stavano avvicinando ad un uomo riverso sulla sabbia. Quando lo issarono sulla barella, Veronica fu in grado di vedere il suo viso e lo riconobbe. Non c’era bisogno che glielo dicessero. Le era bastato vedere il sorriso dipinto sul volto di lui per capire che non c’era più nulla da fare. La morte l’aveva colto proprio lì, su quella spiaggia che tanto amava.
Veronica guardò verso il mare e una lacrima solitaria le scivolò lungo la guancia, ma lei l’asciugò con le dita. Le dispiaceva aver perso quel caro amico che aveva fatto così tanto per lei, ma in fondo al cuore sapeva che, ovunque fosse, ora lui era felice, circondato dalle braccia della persona che amava.

Veronica tornò spesso in quella spiaggia negli anni seguenti, a volte da sola, altre volte in compagnia. Un giorno, mentre girovagava tranquilla sulla spiaggia insieme a sua figlia, con la sabbia che dolcemente accarezzava loro i piedi, quest’ultima, curiosa come sempre, le domandò: «Perché veniamo sempre qui mamma?»
«Perché è un posto speciale, magico. E’ la baia degli angeli».
«E tu ne hai mai incontrato uno mamma?»
«Sì, tesoro. In un giorno di pioggia» rispose lei, lo sguardo perso nel vuoto, in cerca di ricordi passati che, nonostante il tempo trascorso, continuavano a scaldarle il cuore.

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