Figlia della Natura

C’era una volta una minuscola casupola, composta per lo più da vecchie assi di legno sgangherate, attaccate con qualche chiodo arrugginito trovato chissà dove. In questa baracca vivevano due contadinotti che non desideravano altro che un figlio, ma purtroppo la buona sorte aveva smarrito il loro indirizzo.

Dopo anni di tentativi la moglie del contadino, stanca di non riuscire a diventare madre, decise di donare la loro unica capretta ad una maga che abitava nel villaggio vicino perché le desse un consiglio. La maga l’accolse benevolmente e con mille moine, ascoltando la richiesta della povera donna e pensando a quanto potesse ricavarne dalla vendita dell’animale che le aveva appena offerto. Dopo aver esposto il suo problema, la contadina attese pazientemente il responso della maga, che le consigliò di recarsi al limitare del bosco, dietro la Cascata della Luna dove avrebbe trovato il luogo in cui riposano gli spiriti della natura, e di portare con sé un piccolo fantoccio di stoffa con una rosa bianca cucita sul petto.

Quando il marito tornò a casa, la contadina gli saltò al collo abbracciandolo stretto e raccontandogli tutto quello che la maga le aveva detto. Egli rimase un po’ dubbioso, ma l’amava così tanto che pur di vederla felice per un momento decise di assecondarla. L’indomani, si recarono alla cascata e, quando la luna arrivò a riflettere la sua magnificenza sulle sue acque, attraversarono la cascata ritrovandosi in una caverna incantevole e luminosa, piena di piccole lucine danzanti. Rimasero entrambi stupefatti e increduli. La donna si affrettò a tirar fuori dalla borsa il fantoccio con la rosa, e lo depose sul terreno. Alcuni spiriti si avvicinarono curiosi, ma ve ne era uno, più curioso degli altri, che avvicinatosi troppo, sfiorò la rosa bianca, e subito la caverna s’illuminò di una luce intensa. Quando i due sposi aprirono gli occhi, videro che al posto del fantoccio c’era ora una dolce neonata dai capelli color oro pallido e le guance rosee. Era la più bella bambina che potesse esistere, i cui occhi, di un incredibile azzurro chiaro, ammaliavano chiunque. La contadina la prese immediatamente fra le braccia piangendo di gioia assieme al marito. Finalmente la fortuna aveva guardato dalla loro parte.

Gli anni passarono e la piccola crebbe in salute e bellezza sotto gli amorevoli occhi dei suoi genitori. Tuttavia era una bambina particolare, che s’intratteneva poco con i bambini della sua età, preferendo rimanere ore e ore nel bosco a giocare con gli animali e ad osservare le piante. Inizialmente la madre pensò che fosse timida, ma più passava il tempo e più si preoccupava, perché la bambina aveva iniziato a passare troppo tempo da sola.
All’età di sette anni la bambina iniziò a diventare taciturna e una sera senza alcun motivo non fece ritorno a casa. I genitori, in ansia nel non vederla ritornare, decisero di cercarla nel bosco e la trovarono seduta su un masso che si fissava le mani. La madre stava per rimproverarla quando vide che sul faccino della bambina si notava una profonda tristezza:
– “Cosa c’è tesoro mio? Ci hai fatto preoccupare moltissimo.”
– “Io non esisto.”
– “Ma come non esisti, sciocchina.”
– “Io non esisto. Posso vedere le mie mani e i miei piedi, ma dentro sono vuota.”
– “Cosa vuoi dire bambina mia?”
– “Non sono come gli altri bambini. Io sono diversa, ma non so in che modo.”
– “Non dire assurdità.”
– “Io non dovrei essere così. Le mie ali, dove sono le mie ali mamma? Ho bisogno di volare. Perché non posso volare?”Figlia della Natura
La madre guardò tristemente il marito, chiedendogli che fare. Il pover’uomo, distrutto dal dolore di fronte allo smarrimento di colei che aveva amato e trattato come sua figlia, le raccontò quello che era accaduto anni prima e di come fosse venuta al mondo.
Più tardi egli si recò dalla maga, e senza tanti complimenti, minacciandola di denunciarla, si fece spiegare come restituire le ali alla bambina. Ritornato a casa, la condusse assieme alla moglie nel luogo in cui era stata creata e prima di lasciarli la piccola li guardo sussurrando:
– “Ti voglio bene mamma. Ti voglio bene papà.”
E dopo un folgorante raggio di luce il fantoccio di stoffa ricadde sul terreno, e un piccolo spirito andò a raggiungere i suoi compagni che festeggiarono il suo ritorno.
La donna piangendo raccolse la bambola e i suoi occhi si soffermarono sulla rosa che non era più bianca, bensì rossa. Rossa d’Amore.

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