Cuore di Vampiro

Ciò che amiamo ci rende migliori

Cuore di VampiroEssere un vampiro nel XXI secolo è un vero e proprio inferno, e questo Tyler lo sapeva fin troppo bene. Nutrirsi in quest’epoca è veramente un’ardua impresa: quasi mai la gente cammina da sola di notte e la presenza di telecamere e testimoni ovunque di certo non aiuta.
Aveva ormai perso il conto delle volte in cui era stato etichettato come stupratore, ladro o assassino, quando l’unica cosa di cui aveva bisogno era un po’ di sangue per sopravvivere. Non aveva scelto questa vita. Era stato trasformato da un vampiro cinque mesi prima: un feroce assassino, che si era introdotto in casa sua con l’inganno, aveva ucciso sua moglie e si era divertito a condannarlo alla sua stessa oscura natura. Solo sua figlia era riuscita a salvarsi, poiché era rimasta a dormire a casa di un’amica. A soli cinque anni la piccola si era ritrovata da sola, senza alcun parente, ed era stata affidata ad un’altra famiglia, ma Tyler non aveva idea di dove si trovasse né voleva saperlo. Starle lontano era la cosa migliore per entrambi. Non si sarebbe mai perdonato se le avesse fatto del male.
La fame, in quel momento, tornò a farsi sentire. Tyler provò il solito senso di disgusto e ripugnanza verso sé stesso e ciò che era diventato. Si odiava profondamente, ma non riusciva a trovare una via d’uscita. La morte non era un’opzione contemplabile. Poteva solo continuare questa vita nel miglior modo possibile. Sempre che ne esistesse uno.
Per il momento si limitava a nutrirsi di criminali, che di certo non mancano mai, ma doveva pur sempre far attenzione a non essere visto. Era costretto a vivere nell’ombra, non solo perché era un vampiro, ma anche perché ingiustamente accusato dell’omicidio della moglie.
Tyler continuò a camminare per le vie buie della città finché la sete non fu predominante. Guardandosi attorno, vide che la finestra del terzo piano di una piccola palazzina lì vicino era socchiusa. Senza rendersene conto Tyler corse in quella direzione, si arrampicò fulmineo sulla grondaia e aprì la finestra senza fare alcun rumore. Seduto a cavalcioni sulla finestra, si leccava avidamente le labbra osservando la stanza. Non era una camera molto grande: c’era un piccolo lettino sulla destra, coperto da una trapunta bianca e rosa. Una bambina di quattro o cinque anni dormiva beatamente sotto le lenzuola. Tyler poteva vedere il suo corpicino alzarsi e abbassarsi al ritmo del suo respiro. Non poteva vedere il suo viso perché era girata dall’altra parte, ma poteva vedere la folta massa di ricci neri arruffati che spuntava dalle coperte.
Rimase immobile a fissarla, gli occhi sbarrati dal terrore e dall’angoscia. No, non poteva essere la sua piccola Charlotte, eppure la somiglianza bastò a fermarlo. La sete continuava a bruciargli la gola, ma resistette. ‘Non posso continuare così’, si disse scendendo dalla finestra e rimettendosi in cammino. Un’unica domanda gli martellava in testa e nel cuore: ‘E se fosse stata mia figlia?’
Il solo pensiero di poterle fare del male, ora o in un prossimo futuro in cui non sarebbe stato in grado di riconoscerla, gli attanagliava le viscere. Ogni padre desidera per i suoi figli solo il loro bene, e farebbe di tutto pur di tenere ogni male lontano da loro. E questo era proprio quello che Tyler voleva fare.
A passi lenti uscì dalla città e si mise al riparo all’ombra di un piccolo boschetto, proprio mentre il sole stava iniziando a sorgere. Tyler si voltò in quella direzione, osservando il sole che illuminava lentamente le strade e i cui raggi si fermavano al limitare del boschetto. Ormai la sua decisione era presa. Un passo dopo l’altro uscì dall’ombra e subito la sua pelle iniziò a bruciare. Il dolore era lacerante, ma doveva resistere. Solo pochi istanti e avrebbe liberato il mondo da uno dei suoi tanti pericoli. Sua figlia sarebbe stata al sicuro, o, per lo meno, al sicuro da lui. Chiuse gli occhi sperando che quella sofferenza avesse presto fine.
All’improvviso Tyler si sentì scaraventare violentemente all’indietro. Aprì gli occhi e si accorse di essere finito su di un ammasso di cespugli all’ombra del boschetto, mentre la sua pelle coperta di bolle e bruciacchiature si stava lentamente rimarginando. Si alzò lentamente, gli occhi puntati verso una misteriosa figura di donna appoggiata a uno degli alberi che lo circondavano. Non riusciva a vederla chiaramente perché si era messa controluce e quindi non era in grado di distinguerne i lineamenti.
«Che diavolo credevi di fare?» domandò lei altamente seccata, avvicinandosi così che lui potesse vederla. Era una donna molto giovane, sulla ventina. Aveva gli occhi verdi e dei lunghi capelli castani legati da un foulard nero in una morbida treccia. Era completamente vestita di nero: una lunga canottiera che le arrivava ai fianchi e dei pantaloni di pelle che le aderivano perfettamente alle gambe.
«Niente che ti riguardi! Chi diavolo sei tu? Cosa vuoi da me?» rispose Tyler.
«Non è suicidandoti che salverai tua figlia» lo sorprese lei, guardandolo intensamente negli occhi.
«Come fai a sapere che volevo togliermi la vita e tenere mia figlia al sicuro?» chiese Tyler inquieto, distogliendo lo sguardo.
«Beh… quello che stavi facendo era abbastanza ovvio, no?» sbottò strappandogli lo spettro di un sorriso.
«Come fai a sapere di mia figlia?»
«E’ un segreto.» e fece un passo indietro, distogliendo lo sguardo. Tyler cercò di afferrarle un braccio per ribattere, ma appena la sua mano si posò sulla sua pelle venne ricoperta dalle fiamme e fu costretto a ritrarla all’istante.
«Scusami.» mormorò dispiaciuta, tornando a guardarlo. «Mi hai presa alla sprovvista.»
«Come cavolo hai… voglio dire, come hai fatto?» e si guardò la mano che ritornò subito normale.
«Oh, e va bene. Sono una strega, contento?!» e si allontanò di qualche metro per sedersi su di un masso lì vicino, con il mento appoggiato sulle braccia incrociate sopra le ginocchia e gli occhi verdi che lo fissavano incuriositi.
«Dimostramelo.»
«Perché non l’ho appena fatto?» rispose imbronciata.
«Cos’altro sai fare? Chi sei tu?» insistette Tyler. Lei si alzò e muovendo appena la mano destra Tyler venne scagliato brutalmente una decina di metri indietro, dritto contro una grossa quercia.
«Sai, non sono in tanti quelli che hanno il coraggio di parlarmi così, e quei pazzi che ci hanno provato sono morti da un pezzo.» e si avvicinò a lui, gli tese la mano e l’aiutò a rimettersi in piedi.
«Comunque sia mi chiamo Corinne e vado a caccia di demoni e vampiri. E tu sei fortunato caro Tyler. Mi stai simpatico.»
«Come sai il mio nome?»
«Leggo nel pensiero, tra le altre cose. Non lo faccio sempre, la trovo una cosa alquanto maleducata. Mi serve solo per proteggermi.»
«Ma se vai a caccia di vampiri perché non mi hai lasciato morire?»
«Mi hai incuriosito. Sei un vampiro particolarmente strano, molto… umano» e gli sfiorò il naso con la punta dell’indice e si voltò «Solitamente i vampiri passano le notti a caccia di prede e si rintanano appena spunta il sole. Invece tu eri lì fuori a lasciarti morire. Volevo scoprire perché.»
«E ora che l’hai scoperto? Mi ucciderai tu stessa?» domandò incrociando le braccia sul petto.
«Ucciderti? No, no, no, non ne ho nessuna intenzione. Anzi, volevo aiutarti» e lo fissò con uno sguardo divertito e sincero al tempo stesso. «Come? Beh, togliendoti la vita non salverai di certo tua figlia. Ci sono altri vampiri là fuori pronti ad uccidere chiunque desiderino. Noi possiamo fare la differenza. Così ci saranno meno pericoli e tua figlia potrà vivere una vita lunga e tranquilla.»
Tyler era estremamente incuriosito da Corinne. Era veramente una ragazza molto strana e, sebbene fosse una completa sconosciuta, si accorse che aveva ragione. La sua morte non sarebbe servita a nulla, non avrebbe reso il mondo un posto più sicuro. Esistevano moltissimi vampiri, e il loro numero era sempre in crescita. Forse poteva dar loro la caccia. Forse poteva fare la differenza.
«Certo che puoi fare la differenza.» esclamò Corinne sorridendo.
«Ti spiacerebbe uscire dalla mia testa?» fulminandola con lo sguardo.
«Sì, scusa. Non posso farne a meno. Ti ho appena incontrato, devo sapere se posso fidarmi. Allora ci stai?» e gli tese la mano destra. Tyler esitava, mentre il suo sguardo si spostava continuamente dalla sua mano al suo viso.
«Te l’ho detto, mi hai presa alla sprovvista prima. Non ti brucerò di nuovo. Promesso» chiarì Corinne imbarazzata. «Sono un’incendiaria. È nella mia natura dar fuoco alle cose. Per questo sono un ottimo cacciatore.»
Tyler strinse la sua mano e constatò che questa volta non bruciava.
«Cosa dovrei fare ora?»
«Vieni con me. Posso addestrarti a combattere gli altri vampiri e aiutarti a nutrirti senza uccidere persone innocenti.» e si avviò verso il folto del boschetto.
«Va bene, ci sto.» sorrise, pensando che in fondo quella strega gli piaceva, e si diresse nella sua direzione.
«Anche tu mi piaci, vampiro.» ridacchiò lei più avanti.
Tyler si bloccò imbarazzato. D’ora in poi avrebbe fatto meglio a stare attento a ciò che pensava.

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